Ristorazione scolastica: una risorsa contro i disturbi del comportamento alimentare

In Italia 10 milioni di persone soffrono di disturbi del comportamento alimentare, un numero in crescita costante che sempre più spesso coinvolge anche adolescenti e preadolescenti.

Per avere un quadro della situazione, ogni giorno nel nostro paese si registrano 23 nuove diagnosi e 10 decessi legati a questi disturbi: la brutta notizia è che si tratta di dati sottostimati, perché sono problemi spesso silenti e per i quali non è facile chiedere aiuto. La buona notizia è che guarirne è possibile e che genitori e insegnanti formano un team fortissimo per prevenirli o coglierne i segnali, partendo proprio dalla ristorazione scolastica e dall’educazione alimentare.

Ne abbiamo parlato in un talk organizzato da Elior con Never Give Up, onlus formata da un team di psicoterapeuti, nutrizionisti, psichiatri, endocrinologi e altri specialisti con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema dei disturbi del comportamento alimentare e abbattere le barriere a chiedere aiuto. “Negli ultimi anni si registrano un numero crescente di casi che ci preoccupano e ci spronano a rimanere all’erta su quali possono essere i primi segnali rispetto a questi disturbi”, spiega Ilaria Vitale, responsabile mkt e comunicazione gruppo Elior.

Il ruolo dell’educazione alimentare

Non ci stancheremo mai di ribadirlo: investire in una buona educazione alimentare per bambini e nella sensibilizzazione su temi relativi a cibo, peso e immagine corporea per bambini significa crescere adulti in salute e consapevoli del proprio benessere. Lo stesso vale per la ristorazione scolastica, touch point primario in tema di alimentazione che in Italia coinvolge 8,2 milioni di studenti (escludendo i bambini in età da nido).

In questo senso, la mensa scolastica è uno dei luoghi privilegiati dove insegnanti e personale scolastico possono cogliere i segnali di un eventuale disturbo del comportamento alimentare e quindi entrare in azione.

Anoressia e bulimia

Anoressia e bulimia sono la prima causa di morte per malattia in Italia tra i 12 e i 25 anni: è un numero agghiacciante, che nella sua crudezza rende evidente il ruolo importantissimo che la ristorazione scolastica, il personale scolastico e ovviamente le famiglie rivestono quando si tratta di salute dei bambini e degli adolescenti. Anche perché l’elenco dei disturbi del comportamento alimentare è lungo e non sempre ci sono effetti evidenti sull’aspetto fisico tali da far insorgere qualche sospetto: dal binge eating disorder (ci si abbuffa ma senza vomito autoindotto) all’adigoressia (disturbo maschile che porta i ragazzi a cercare una forma fisica muscolosa ossessiva), fino all’ortoressia (ossessione maniacale per i cibi sani).

“Solo il 10% dei ragazzi che ne soffrono riesce a chiedere aiuto e lo fa mediamente dopo tre anni dalla comparsa dei sintomi – sottolinea Stefania Sinesi, fondatrice, presidente e responsabile scientifico di Never Give Up -: eppure questo passo fa notevolmente migliorare le possibilità di guarigione”.

Il ruolo dei genitori

I genitori sono una grandissima risorsa per chi soffre di problemi legati al cibo e all’immagine corporea, soprattutto nel cogliere i primi segnali e nell’agire senza giudicare. “Tempestività di intervento e continuità delle cure sono i due fattori che più influiscono sulle possibilità di riuscita - assicura Sinesi -. Nei disturbi del comportamento alimentare, l’aspetto fisico è solo il sintomo: bisogna cercare la parte sommersa dell’iceberg, emozioni negative che non sono state elaborate e affrontate”.

Tre consigli pratici per i genitori

Creare in famiglia un clima di fiducia collaborativa, consapevoli che incappare in un disturbo del comportamento alimentare può succedere ma se ne può anche uscire insieme chiedendo aiuto: questo è il modo migliore per approcciare i problemi alimentari.

Cosa fare nel concreto? Ecco tre consigli pratici:

  • Non considerare il disturbo del comportamento alimentare come un capriccio perché rappresenta sempre un disagio profondo: il problema non è mai il cibo in sé ma l’emozione che genera disagio;

  • Non avere paura di chiedere aiuto quando ci si accorge che il proprio figlio o figlia soffre di un disturbo del comportamento alimentare: non pensare che la colpa sia automaticamente dei genitori perché non c’è una sola causa ma un insieme di fattori;

  • Fornire un ascolto sano ed accogliente, che crei fiducia e non generi sensi di colpa, senza focalizzarsi solo su cosa si mangia e quanto.

Coinvolgere i papà

Un ruolo fondamentale nell’aiutare chi soffre di disturbi del comportamento alimentare è quello giocato dai padri. Molti studi, assicura Sinesi, “hanno messo in luce quanto una buona relazione affettiva tra padre e figlia protegge contro lo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare e rappresenta un fattore protettivo nel moderare l’idealizzazione della magrezza”.